Archivio per Maggio, 2023

Con l’ordinanza n. 13345 del 16 maggio 2023 la Corte di Cassazione affronta il tema del mantenimento dei nipoti da parte dei nonni allorquando il genitore si renda inadempiente e irreperibile e la mare non sia in grado di provvedervi da sola

Il Caso: Mevia, madre della minore Ottavia, della quale ella ha l’affidamento “super esclusivo”, proponeva ricorso ex articolo 316 bis c.c. nei confronti degli ascendenti paterni per ottenere il pagamento del contributo al mantenimento della minore, esponendo che con la sentenza di separazione era stato posto a carico del padre un contributo di Euro 350,00 mensili, rimasto inadempiuto per anni al punto che il padre era stato condannato ai sensi dell’articolo 570 c.p. per essersi sottratto agli obblighi, rendendosi di fatto irreperibile.

Il Tribunale accoglieva le richieste della madre, emettendo decreto a carico dei nonni per la somma di Euro 200,00 mensili; il decreto veniva opposto; il Tribunale rigettava l’opposizione; gli ascendenti paterni proponevano appello, che veniva respinto dalla Corte d’appello.

Gli ascendenti ricorrono in Cassazione, deducendo che:

a)  l’obbligo di mantenimento dei figli minori spetta primariamente e integralmente ai genitori e che l’obbligo degli ascendenti ha natura subordinata e sussidiaria, nel senso che non ci si puo’ rivolgere agli ascendenti per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei genitori non contribuisca al mantenimento dei figli;

b) peraltro nella specie non vi e’ prova alcuna che la madre abbia esperito nei confronti del genitore inadempiente i rimedi che la legge consente, in primo luogo il pignoramento dei beni o dei conti bancari poiche’ la Corte ha fatto riferimento soltanto ai continui trasferimenti del padre che si era di fatto reso irreperibile.

La Cassazione, nel rigettare il ricorso, espone i seguenti principi:

1)  l’obbligo degli ascendenti di fornire ai genitori i mezzi necessari affinche’ possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli – che investe contemporaneamente tutti gli ascendenti di pari grado di entrambi i genitori – va inteso non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti e’ subordinata e, quindi, sussidiaria rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se l’altro genitore e’ in grado di mantenerli;

2) tuttavia, nel caso di specie, non solo vi e’ stato un reiterato inadempimento da parte del padre, ma anche che la madre non e’ riuscita a riscuotere il contributo posto a carico del padre della bambina in ragione dei reiterati cambiamenti del luogo di residenza e di lavoro di quest’ultimo, comportamenti che la Corte ha ritenuto elusivi;

3) si e’ inoltre ricostruita la complessiva condizione della madre che non ha mezzi sufficienti a provvedere al mantenimento della minore posto che vive in un appartamento ALER (edilizia economica e popolare) e gode di un reddito di appena Euro 612,00 mensili e si e’ evidenziato che Mevia non puo’ al momento incrementare la propria condizione reddituale, dovendosi occupare direttamente e da sola dalla figlia; di contro, gli ascendenti risultano proprietari di diversi immobili e percettori di reddito da pensione;

4) sussistono pertanto i presupposti per ritenere l’obbligo degli ascendenti, in ragione della complessiva considerazione delle condizioni economiche dei genitori e dei loro comportamenti, segnatamente stigmatizzando il comportamento del padre, non solo elusivo, ma anche doloso, posto che egli e’ stato condannato in sede penale, e che -restando di fatto irreperibile-viene meno non solo a doveri di mantenimento ma anche a quelli di cura educazione ed istruzione che di conseguenza gravano per intero sulla madre, capace di una produzione reddituale inadeguata al mantenimento dei minori;

5) da cio’ consegue che, in questa situazione, le esigenze di vita della minore non possono essere soddisfatte solo dalla madre, e pertanto i nonni sono tenuti al loro contributo.

Per contestare l’errore del numero della targa di un veicolo indicato nel verbale di violazione al codice della strada non è necessario proporre la querela di falso. La lettura dei numeri sul veicolo in movimento è frutto di percezione sensoriale da parte dell’agente verbalizzante, suscettibile di errore materiale, e quindi non coperta da fede privilegiata

Lo ha ricordato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 12091/2023, pubblicata l’8 maggio 2023.

IL CASO: Un automobilista proponeva ricorso avverso un verbale allo stesso notificato per violazione dell’art. 148, comma 2, del Codice della Strada, per avere alla guida della propria autovettura, a velocità sostenuta e sorpassando in serie più autoveicoli, invaso la corsia dell’opposto senso di marcia. L’automobilista sosteneva di essere estraneo al fatto e che l’indicazione della targa del proprio autoveicolo nel verbale di accertamento era frutto di un errore.

L’opposizione veniva rigettata dal Giudice di Pace. Di diverso avviso il Tribunale che, in riforma della decisione di primo grado, dava ragione all’automobilista ed annullava il verbale contestato.

Il Tribunale, nell’accogliere il ricorso dell’automobilista, osservava che nel caso di specie l’identificazione del trasgressore era avvenuta sulla base del numero di targa dell’autoveicolo indicato nel verbale, non essendoci stata l’immediata contestazione della infrazione e che tale indicazione, essendo frutto di percezione sensoriale da parte dell’agente verbalizzante, come tale suscettibile di errore di fatto, non era coperta da fede privilegiata e quindi opponibile anche in mancanza di querela di falso. Riteneva, inoltre provato quanto affermato dall’automobilista, rilevando che il verbale indicava un colore dell’autovettura diverso da quella dell’opponente e che anche la fase istruttoria, attraverso l’assunzione della prova testimoniale, aveva dimostrato che l’automobilista al momento della commissione della presunta infrazione si trovava in un luogo diverso da quello riportato nel verbale.

Pertanto, il Comune accertatore, rimasto soccombente, investiva della questione la Corte di Cassazione. L’ente deduceva l’erroneità della sentenza del Tribunale sostenendo che il verbale di accertamento della infrazione, essendo atto pubblico, fa fede fino a querela di falso di tutti i fatti accertati di persona dal verbalizzante, tra i quali rientra, nel caso di violazioni al codice della strada, anche il numero della targa dell’autoveicolo guidato dal trasgressore e di non avere riconosciuto al verbale di accertamento della violazione l’efficacia di piena prova attribuitagli direttamente dalla legge.

LA DECISIONE: Anche la Cassazione ha dato torto al comune rigettando il ricorso da quest’ultimo promosso

Nel decidere la vertenza, i giudici della Suprema Corte hanno richiamato l’orientamento di legittimità secondo il quale l’efficacia di piena prova fino a querela di falso, che deve riconoscersi – ex art. 2700 cod. civ., in dipendenza della sua natura di atto pubblico – al verbale di accertamento redatto dagli agenti di polizia, oltre che quanto alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese dalle parti, anche relativamente ” agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti “, non sussiste né con riguardo ai giudizi valutativi che esprima il pubblico ufficiale, né con riguardo alla menzione di quelle circostanze relative a fatti, i quali, in ragione delle loro modalità di accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un metro sufficientemente obbiettivo e pertanto, abbiano potuto dare luogo ad una percezione sensoriale implicante margini di apprezzamento, come nell’ipotesi che quanto attestato dal pubblico ufficiale concerna l’indicazione di un corpo o di un oggetto in movimento, con riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante ( Cass. n. 29320 del 2022; Cass. n. 3282 del 2006; Cass. n. 16713 del 2009 ). Nel caso di specie, hanno concluso gli Ermellini, il Tribunale ha ritenuto che le modalità di accertamento della infrazione e la circostanza che il veicolo fosse in movimento ed in fase di sorpasso di una serie di altre vetture non rendessero sicura e certa la lettura della targa da parte degli agenti e che esso fosse stato causato da un errore di percezione, corroborato dal fatto che il verbale aveva indicato un colore della autovettura diverso da quello effettivo ( marrone in luogo di grigio ) e che la prova orale aveva confermato che all’ora della contestata infrazione l’opponente si trovava in un altro comune, ove era andato a prendere la figlia all’uscita della scuola.